Dettofatto – percorso a ritroso nel futuro pascaliano

Azione teatrale di Vito Facciolla dedicata alla vita dell’artista pugliese nell’ambito della mostra ‘Cinque Bachi da Setola e un Bozzolo’ a Castel del Monte

 

19 ottobre 2019 – ore 11.30, CASTEL DEL MONTE – Andria

Unire le radici della cultura mediterranea con la dimensione ludica dell’arte è solo una delle cifre stilistiche dell’eclettico Pino Pascali, tra i più importanti esponenti dell’Arte Povera italiana, a cui è dedicato un importante appuntamento teatrale.

In occasione della mostra ‘Cinque Bachi da Setola e un Bozzolo’ in corso a Castel del Monte realizzata in collaborazione con la Fondazione Pino Pascali nell’ambito del progetto Pascali50 sabato 19 ottobre alle 11.30 nel cortile di Castel del Monte andrà in scena l’azione teatrale “Dettofatto – percorso a ritroso nel futuro pascaliano“, ideata e composta ed eseguita da Vito Facciolla.

Si ripercorreranno le orme del grande artista così come lo stesso Facciolla le ha seguite fin dall’infanzia, quando con i genitori andava in visita al cimitero a Polignano a Mare, dove immancabilmente s’incontravano i genitori di Pascali. Ma anche nei primi anni ’90 quando appena arrivato a Roma, si ritrovava con la moto, involontariamente, a seguire le tracce di Pascali alla ricerca delle sue opere o dei luoghi da lui frequentati. Fu così che nel ’95 nacque il primo spettacolo di Facciolla dedicato a Pascali, “Arpa muta”, seguito da altri. Oggi, a cinquanta anni dalla scomparsa di Pascali, su commissione della Fondazione Museo Pino Pascali e su invito della direttrice Rosalba Branà, nasce il nuovo lavoro che ricorda l’artista, non tralasciando quanto fatto prima, ma anche con uno sguardo attuale.

  

LA SCHEDA

19 ottobre 2019 ore 11.30

Castel del Monte

DETTOFATTO

Percorso a ritroso nel futuro pascaliano

Quando si studiano a fondo la vita, le opere e il pensiero di un personaggio, in un certo qual modo, si finisce per identificarsi in esso. Man mano negli anni scopri, che certi pensieri, determinati modi di fare e di vedere l’arte, inevitabilmente ti hanno influenzato e ormai fanno parte di te. A me è successo con Pino Pascali. La prima volta che l’ho “conosciuto” avevo quattro o cinque anni, in visita con i miei al cimitero, dove immancabilmente s’incontravano i suoi genitori che usavano trascorrere lì gran parte delle loro giornate. Pian piano la curiosità verso questo personaggio è cresciuta sempre di più. Ricordo che nei primi anni ’90, appena arrivato a Roma, mi ritrovavo con la moto, involontariamente, a seguire le sue orme. In primis alla ricerca delle sue opere, in seguito nei luoghi da lui frequentati, piazza del Popolo, autodemolizioni alla Magliana, la casa a largo Boccea, chiedendo alle persone anziane se l’avessero conosciuto o avessero un ricordo qualunque. Spesso giravo a vuoto, ma in quegli anni Pino era diventato il mio amico immaginario. Una mattina mentre “dialogavo” con lui mi ritrovai nella metropolitana tappezzata da grandi manifesti di una mostra rappresentata da una sua opera. Rimasi sbalordito dalla sincronicità del pensiero e mi ritrovai seduto s’una panchina come avulso dallo scorrere del tempo, non curante del passare dei treni, ad osservare quella lunga fila di mitragliatrici. Istintivamente sentii il bisogno di omaggiarlo, oltre che adorarlo, ma non sapevo ancora come e in che modo. Il Pascali artista lo conoscevo ormai dai vari libri, cataloghi e video che il padre stesso mi aveva procurato, ma per conoscere meglio la persona avevo bisogno di sentire i suoi “amici” e colleghi. Così ebbi la fortuna d’incontrare Sargentini, Patella, Schifano, Mambor, Kounellis, i quali confermarono pienamente il suo interesse per il teatro, la mitologia, l’arte africana, lo sciamanismo e soprattutto il suo cimentarsi come attore e “performer” sempre con la sua attitudine ludica che gli ha permesso di attraversare la sua breve e intensa esistenza, reinventando anche la realtà e la natura stessa attraverso le sue opere. Sempre e solo giocando, con tutto e con la vita stessa. E proprio grazie al teatro trovai finalmente un’adiacenza con lui e quell’urgenza che mi portavo dentro divenne necessità di dedicargli uno spettacolo. Nacque così nel ’95 “Arpa muta”; poi nel ’98 in occasione di una grande retrospettiva dal titolo “L’isola di Pascali” a cui fui invitato, presentai un corto precedentemente girato dal titolo “Arrevamme a lu mère” e “Riepilogando Pulcinella”, azione ispirata al suo lavoro di pubblicitario. Con cadenza decennale, nel 2008, supportato da alcuni enti fra i quali la Regione Puglia, ho ideato “Araba fenice. Solo parole di Pino Pascali”. In tutti i lavori elencati i temi che teatralmente ho sempre affrontato e sviluppato sono: la nascita, il gioco, la morte, accompagnati scenograficamente di rimando ad alcune sue opere significative per me. Ora, a cinquanta anni dalla sua scomparsa, che corrispondono ai miei, ho avuto l’onore e la commissione da parte della direttrice artistica della Fondazione Museo Pino Pascali, Rosalba Branà di pensare ad un nuovo intervento che ricordi l’artista, non tralasciando quanto fatto prima, ma anche con uno sguardo attuale. Perso nel labirinto dell’universo pascaliano, non sapevo cosa fare dopo quanto stato fatto e detto, se non ripercorrere a ritroso il filo che precedentemente era stato la mia guida, così riavvolgendo la matassa dei miei pensieri ho capito che dovevo creare una nuova strada, ovvero quella che alla fine mi sono trovato naturalmente e per certi versi, casualmente, a tracciare. Il concetto di performance pascaliana parte dal semplice assunto che egli non era un attore professionista, tuttavia, si poneva al centro dell’azione con i suoi rituali. Nella sua semplicità drammaturgica, il rito diventava essenziale in riferimento alle sue mostre. Egli stesso diceva che le opere, appena collocate in un museo o galleria, diventano delle tombe in un camposanto, pur essendo consapevole che quei luoghi fossero indispensabili come unico mezzo per l’artista di incastrarsi, esistere e affermarsi nella società. Perciò usava accompagnarle con delle azioni dando loro una forma di teatralità modificando così la natura dello spazio. Significativa per il mio lavoro è stata la sua performance realizzata in occasione della mostra a Torre Astura, dove aveva presentato il “Requiescat”, monumento funebre a Corradino di Svevia, accompagnandolo con movimenti del corpo che mimavano il cerimoniale della morte e cospargendo di incenso la galleria per tutta la durata della stessa. All’inizio ero partito dalle scatole della memoria giocando col titolo dell’opera sopracitata, il REQUIESCAT-OLE, così come il mito di Giasone e le prove che affronta mi facevano pensare a tante sue azioni ed al suo breve viaggio, senza la protezione del Vello d’oro. Infine, nella moltitudine dei riferimenti che si affollavano davanti a me, ho scelto i “Bachi setola” come il filo da seguire. Quest’opera, metafora di un filo indistruttibile, mi ha guidato nelle successive scelte arrivando così al “Solitario”, simbolo per antonomasia di un gioco forsennato dell’artista, e, alla “Ricostruzione del dinosauro”, immagine dell’immortalità fisica dell’arte. L’evocazione e la rinascita dalle proprie ossa sono in assoluto il fulcro del mio lavoro. A questo punto del mio percorso non casuale è stata la conoscenza di Vito Savino, artista conversanese, attento alla ricerca e sempre in continua sperimentazione della materia e delle sue forme. Egli stava lavorando ad un progetto chiamato “Uova Pascali” e in questo ho immediatamente rivisto le mie scatole, le ossa simbolo di rinascita e resurrezione. Le ho immaginate disseminate nello spazio vedendole ora come denti, ora come tombe, e mi sono ritrovato inevitabilmente in quel campo arato, in quel cimitero dove tutto è cominciato, dove Pino ha trovato per sempre il suo posto da quel fatidico giorno del ’68. Ed è per questo che a Savino, il quale sotto alcuni aspetti è molto vicino all’impronta concettuale di Pino, ho deciso di affidare l’allestimento di questa azione scenica. Curiosamente nello stesso anno della morte di Pascali, Domenico Modugno, nostro compaesano, fu costretto a cantare al Festival di Saremo “Al posto mio” anziché “Meraviglioso” perché considerato dalla giuria inadeguato in quanto trattava il tema della morte. Molti altri sono i momenti in cui ho vissuto e incontrato Pino e ogni volta che provo a concludere, una molteplicità di riferimenti si affollano davanti a me e per quanto voler vedere una fine possa essere rassicurante, la ricerca di noi e dell’altro è un processo inesauribile e incompatibile con la finitudine umana che può solo auspicare ad un continuo e immortale divenire nell’arte. Vito Facciolla

Azione Teatrale ideata, composta ed eseguita da Vito Facciolla per la Fondazione Pino Pascali-Museo D’Arte Contemporanea

Elementi scenografici ideati e realizzati da Vito Savino e Vito Facciolla V&V

Sound designer Giorgio Carofiglio

Contrabbasso Vito Savino

Voce narrante Patrizia Rizzo

Voce originale Lucia Pomodoro in Pascali

Assistente al progetto Vittoria Scagliusi

Registrazioni audio Recplay

Un particolare ringraziamento a: Antonella D’Alessio, Leo Baccarella, Valentina Laera, Giuseppe Laselva, Giuseppe Pellegrini, Paolo Pellegrini, Domenico Savino, Saverio Teofilo, Pasquale Fantasia

Collaborazione al progetto Anna Damiani

Produzione ARIELE col sostegno del Teatro Pubblico Pugliese, CARRIERI DESIGN e Donato L’Abbate

Fondazione Pino Pascali-Museo D’Arte Contemporanea

Museo Pino Pascali, 12 giugno 2018 h 20,30 Polignano a mare

Palazzo Cavanis, 25 luglio 2019 h.18.30 Venezia

Museo Castromediano, 6 settembre 2019 h 19,30 Lecce

Castel del Monte, 19 ottobre 2019 h 11,30 Andria

Info e press:

Fondazione Pino Pascali

Santa Nastro

press@museopinopascali.it +39 3928928522

www.museopinopascali.it

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