Il Museo Civico di Castelbuono (Palermo) è lieto di presentare due mostre realizzate in collaborazione con la Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare (Bari): Pino Pascali, l’africano, la prima esposizione mai realizzata prima in Sicilia dedicata ad uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana del Ventesimo secolo, il cui lavoro quest’anno sarà esposto alla 56ª Esposizione internazionale d’Arte della Biennale di Venezia curata da Okwui Enwezor. E la doppia personale di Virginia Ryan, che presenta l’installazione Sirens in dialogo con un gruppo di opere dell’artista africano Frédéric Brouly Bouabré, incentrata sul mito delle sirene.
I progetti, a cura di Laura Barreca, Direttore del Museo e Santa Nastro, per la Fondazione Pino Pascali presentano una parte della produzione di Pino Pascali (1935 – 1968) ispirata al mito del selvaggio e al primitivismo, con l’intento di riattualizzarne la ricerca attraverso il lavoro intimamente legato alla tematica del Mediterraneo e dell’Africa, e alle loro mitologie condivise.
La mostra Pino Pascali, l’africano ricostruisce l’interesse dell’artista pugliese verso la ricerca di origini e di stili di vita più a contatto con la natura, in contrapposizione al mito della società moderna e del progresso tecnologico e industriale degli anni Sessanta, tema che ha suscitato l’attenzione di artisti e intellettuali, come il filosofo Claude Lévi-Strauss. Nel cinema, Tarzan è l’eroe per eccellenza dell’epoca e i film dei quali è protagonista, già in produzione dai primi decenni del Novecento, vengono diffusi e riprodotti a grande richiesta. Pino Pascali, particolarmente sensibile a queste tematiche, amava farsi fotografare abbigliato come un ‘selvaggio’, senza fare mistero di ispirarsi direttamente al personaggio fantastico di Tarzan.
L’interesse per il “primitivo” è presente in diverse opere di Pascali: dagli spot pubblicitari in cui raffigura animali della savana per lo studio Lodolo-Saraceni – in mostra a Castelbuono – fino alle finte sculture rappresentanti frammenti di dinosauri e cetacei; e ancora le liane, i ponti realizzati in strutture di pagliette di lana d’acciaio e gli attrezzi agricoli. Questi ultimi lavori, molti dei quali utilizzati come elementi delle sue azioni performative, sono documentati in mostra dalle fotografie provenienti dall’archivio del Museo Pino Pascali e dal video Africa, realizzato negli anni Sessanta per la RAI, dove Pascali lavora come aiuto-scenografo per trasmissioni che ottengono un grande successo di pubblico. In mostra sono esposti inoltre la serie dei Totem realizzati nella metà degli anni Sessanta con tecniche e materiali misti.
Una sezione didattica della mostra sarà dedicata alla proiezione dei documentari che approfondiscono la figura dell’artista e alla grande influenza che continua a esercitare il suo lavoro oggi, con un apparato di materiali cinematografici prodotto dalla Fondazione Museo Pino Pascali. Tra questi, il raro e prezioso film-tv prodotto da RAI TRE Pino Pascali o le trasformazioni del serpente del regista Marco Giusti e alcune produzioni realizzate nell’ambito del progetto arTVision – a live artchannel (www.artvision.agency) che raccontano l’opera di Pino Pascali e la vitalità del pensiero e della sua opera nell’arte contemporanea.
Fa da “contraltare” all’opera di Pino Pascali una doppia personale allestita nelle ex-scuderie del Castello, che coniuga passato e presente, attraverso la relazione con l’Africa e i suoi miti. Sono esposte le grandi sirene dell’artista australiana Virginia Ryan che da diversi anni lavora tra l’Italia e l’Africa, indagando il tema delle migrazioni, della memoria, della perdita e della trasformazione. Durante la sua permanenza tra il Ghana e la Costa d’Avorio la Ryan ha realizzato delle installazioni attraverso le quali la cultura e la spiritualità delle popolazioni indigene vengono rilette in un’ottica legata al vivere contemporaneo.
Dall’acqua come elemento d’origine e distruzione, con cui l’uomo da sempre si confronta trovandovi le proprie metafore esistenziali più intense, emergono le sette sculture di Surfacing, realizzate da Virginia Ryan in ferro e hair exstensions, ritraduzione del mito di Mami Wata (dall’inglese ‘Mammy Water’), con cui gli abitanti anglofoni chiamavano le immagini di una divinità mezza donna e mezza pesce delle popolazioni costiere dell’Africa Occidentale. Divinità sovrapponibile, nella sua ambivalenza di potenza seduttiva creatrice quanto distruttiva, al mito mediterraneo della sirena, il cui dolce canto stregava i naviganti. Mare nostrum, elemento e mito ancestrale, teatro di tragedie quotidiane legate all’emigrazione.
Accanto alle grandi code di lunghi capelli neri con cui Virginia Ryan raffigura le divinità africane, come emerse dagli abissi marini e fluttuanti nell’aria, sono esposti alcuni disegni di sirene cheFrédéric Brouly Bouabré, il più importante artista ivoriano -scomparso lo scorso anno- ha voluto realizzare per l’artista australiana nel 2010, a testimonianza delle loro affinità elettive. Si tratta di una serie di piccole opere a matita su carta, secondo il tipico formato adottato da Bouabré: una piccola immagine disegnata a penna e matita su una cartolina, circondata da un testo che corre sul bordo. Con questa stessa tecnica, Bouabré ha realizzato migliaia di “cartes postales” sui quali ha sempre realizzato disegni colorati intorno ai quale corre un testo. Ed è la scrittura “un rimedio che combatte l’oblio” che Bouabré ha utilizzato per raccontarci una storia, un’impressione, per riportarci attraverso la rivelazione dei segni, la conoscenza universale.
Il catalogo della mostra Pino Pascali, l’africano, edito da Kalòs Edizioni, con un testo introduttivo delle curatrici Laura Barreca e Santa Nastro, contiene i saggi Radici di Terra e di Mare di Rosalba Branà, direttrice della Fondazione Pino Pascali; Pascali, Tarzan, il mito del selvaggio e la nostalgia d’Africa di Marco Tonelli, autore del saggio Pino Pascali. Il libero gioco della scultura(Johan&Levi, 2011). La brochure della mostra Sirene di Virginia Ryan e Frédéric Bruly Bouabré contiene un’intervista di Valentina Bruschi a Virginia Ryan.
Durante il periodo della mostra il Museo Civico organizza dei laboratori didattici a cura di Giulia Gueci, realizzati sulle “pratiche africane” di Pino Pascali, e un calendario di rappresentazioni teatrali all’interno dell’installazione di Virginia Ryan, dal titolo La strada verso Itaca, a cura dell’Associazione teatrale Fiori di Carta.
Biografie artisti in mostra:
Pino Pascali (Bari 1935 – Roma 1968) è considerato una delle figure più importanti e significative nella scena artistica e culturale italiana degli anni Sessanta. Ebbe una carriera folgorante nel campo dell’arte e della comunicazione visiva: dalla prima mostra personale alla Galleria La Tartaruga di Roma nel 1965, alla Biennale di Venezia del 1968. Allievo di Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti di Roma, Pascali si dedicò molto alla scenografia e alla pubblicità, collaborando con la RAI e la Lodolo-Saraceni Film, casa di produzione di film d’animazione, caroselli, spot pubblicitari e sigle televisive. Insieme a Boetti, Schifano, Festa, Kounellis e altri celebri esponenti dei movimenti dell’Arte Povera e della Pop romana, Pascali fu influenzato dalle tendenze internazionali, come il New Dada, la Pop Art, la Land Art e l’Arte Concettuale, sebbene risulti difficilmente collocabile nell’una o nell’altra corrente artistica. Le installazioni ambientali e le sculture di Pascali sono generalmente costituite da assemblaggi di materiali poveri o di riciclo, combinando, in modo creativo, forme arcaiche della cultura e della natura mediterranee (l’agricoltura, il mare, la terra e gli animali) con le forme infantili del gioco e dell’avventura, insieme alle icone e i feticci della cultura di massa. Morì tragicamente a Roma, all’età di 33 anni, lasciando un’eredità visuale, creativa e immaginifica oggi riconosciuta in tutto il mondo. www.museopinopascali.it
Virginia Ryan (Canberra, Australia, 1956. Vive tra l’Italia, la Costa D’Avorio e il Ghana) nata in Australia, ma cittadina italiana dal 1981, si è laureata alla National School of the Arts di Canberra (1979) e specializzata in Arteterapia all’Università di Edimburgo (1995). Ha vissuto e lavorato in Egitto, Brasile, Scozia e nell’Ex-Yugoslavia. Dal 2000 vive e lavora a Trevi, vicino Perugia, e ad Accra (Ghana) dove nel 2004 e co-fondatrice della piattaforma Foundation Of Contemporary Art (www.fcaghana.org). Dal 2009 inizia a lavorare in Costa D’Avorio, prima con uno studio ad Abidjan poi, dal 2013, nella città di Gand Bassam, la vecchia capitale coloniale, ora Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Tra le sue mostre recenti nel 2010 Surfacing’Dak’art (Biennale di DakarOFF) Senegal, a cura di Yacouba Konate e “Exposures” Biennale di Malindi. Virginia Ryan utilizza pittura, fotografia, scultura e installazione, e realizza progetti in collaborazione con artisti, antropologi e musicisti per approfondire tematiche legate alla terra, all’identità e alla memoria. Dal 2008 ha partecipato alle Biennali di Dakar, Malindi e Venezia e nel 2014 la Fondazione Museo Pino Pascali le ha dedicato la mostra personale Fluid Tales.
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